Sabato 16 marzo alle ore 17.45 alla presenza di Don Camillo Pezzuoli, canonico del capitolo del Duomo di Modena, verrà presentato il libro dedicato ai suoi scritti quando era Assistente Centrale della Fuci: “Vedere Oltre. Scritti su “Ricerca” (1968-1974)”, pubblicato per i tipi delle Edizioni Studium Roma. L’appuntamento è al teatro della Fondazione Collegio San Carlo, in via San Carlo 5.
Introdurranno l’incontro Roberto Franchini, presidente Fondazione Collegio San Carlo, Maura Falciola, ex presidente circolo Fuci di Modena, Giovanni Benzoni ex presidente Fuci, Lorenzo Chiarinelli ex vice Assistente Fuci, Fernando Bellelli, assistente gruppo Fuci di Modena.
“Mi pare che ancora oggi la mentalità da correggere, e di cui la purezza dell’annuncio evangelico deve temere, è la mentalità dominante nel nostro «mondo cattolico», informato ad una ideologia di tipo individualista e che determina le nostre scelte di ogni giorno, i nostri giudizi, le nostre reazioni. […] A me sembra che sia avviata la strada per uscire da quel genericismo che favorisce la pigrizia di chi si appella di continuo ai principi: la via della «chiesa locale», la responsabilità cioè della chiesa locale verso i «suoi» poveri, conosciuti ed amati”.
E’ questa tensione che caratterizza i diciotto scritti che Don Camillo Pezzuoli ha via via pubblicato sul quindicinale della Fuci “Ricerca” nei sette anni in cui è stato assistente centrale. Non solo specchio e riflesso di una stagione ricca e complessa come quella del primo decennio postconciliare, segnata dai profondi mutamenti di costume manifestati dal ’68, ma anche efficace proposta di discernimento, di educazione a “vedere oltre”, sotto la forma di riflessioni e meditazioni all’apparenza lontane dall’effervescenza non solo della cronaca, ma dell’epoca. Riletti a quasi mezzo secolo di distanza, questi scritti conservano, anzi rivelano una singolare trasparenza e quella genuina limpidezza che solo la sapienza del cuore sa emanare.
Don Camillo Pezzuoli è canonico del capitolo del duomo di Modena. Nato a Maranello nel 1922, ordinato nel 1945, ha educato generazioni di giovani in particolare universitari nella Fuci locale e nazionale, nel Collegio san Carlo di Modena di cui è stato per decenni Rettore e nell’Accademia militare di Modena. E come scrivono nella postfazione del libro i suoi due vice durante l’incarico di Assistente centrale, Don Mario Albertini e don Lorenzo Chiarinelli: “Don Camillo è stato il riferimento solido e sereno, autorevole e solidale, esperto e fedele. Da noi, i due “vice”, è stato sempre considerato “un uomo virtuoso, pieno di Spirito Santo e di fede”, come il Barnaba della prima comunità di Gerusalemme e di Antiochia. Il Congresso di Verona (1969) segnò una svolta nella tradizione della Fuci. E don Camillo sottolineava in proposito l’impegno e le modalità per essere chiesa che cammina nella storia, che ama e serve; per essere poveri e liberi, presenti e responsabili, testimoni di un amore che si dona e che supera se stesso nell’obbedienza allo Spirito”.
Nella premessa al libro, firmata da Mirella Gallinaro, Giovanni Benzoni, Serena Marini, Marco Ivaldo e Giuseppino Monni, presidenti della Fuci dal ‘68 al ’74, viene ricordata la didascalia della foto pubblicata su “Ricerca” all’indomani della sua nomina ad Assistente centrale della Fuci: “Da tempo immemorabile (!) è assistente del circolo della FUCI di Modena. Fra le note caratteristiche che più interesseranno i fucini, oltre la cordialità senza pari, una grande capacità di ascoltare soprattutto quando si è in riunione pronto a rifarsi del suo silenzio durante l’omelia….” Nella didascalia si avvertono modi della tradizione goliardica fucina, ma pure sono individuati tratti del carattere del nuovo assistente, che ci sembrano confermati anche dalla rilettura dei 18 scritti di don Camillo che compaiono su “Ricerca”.
Don Pezzuoli è presente in modo del tutto sobrio, scrive con parsimonia con un taglio quasi esclusivamente spirituale, salvo due interventi su argomenti che lo hanno appassionato e coinvolto in particolare in diocesi, quello della perequazione della congrua e della riflessione sulla povertà della chiesa e quello del ruolo dei collegi e delle scuole “cattoliche”, da lui vissuto come rettore del collegio san Carlo a Modena.
Gli scritti di don Camillo – si legge ancora nell’introduzione – sembrano avere, nel contesto del quindicinale, il sapore di una attualità per così dire ‘perenne’ che ne rende fondata l’attuale pubblicazione perché sono testi che parlano al lettore di oggi e favoriscono la comprensione di aspetti non secondari dell’essere cristiani adulti nella attuale temperie ecclesiale. Per dirla tutta è quella di don Camillo una scrittura di una levità gentile che riscatta alla luce ed alla presenza del Signore, la gioia – parola ricorrente in questi testi: “Essere poveri – scrive don Camillo, facendo eco ad una questione dirimente del tempo, la povertà – vuol dire anche questo: superare la pretesa di aver trovato nella propria esperienza, tutto. Essere poveri vuol dire mettere a disposizione degli altri i doni ricevuti dal Signore; vuol dire essere liberi di accogliere con umiltà ciò che altri ci può dare. Essere capaci di criticarsi. Essere disposti a imparare. Con pazienza, con perseveranza, con gioia”.