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Nazione Futura Sassuolo: “A Formigine la sinistra fa la sua solita lezioncina univoca sulle foibe”


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“L’Amministrazione comunale formiginese a guida PD sembra continuare imperterrita nella direzione, se non negazionista, quantomeno riduzionista e giustificatoria rispetto alla tragedia delle foibe e all’esodo istriano-giuliano-dalmata, che hanno interessato il confine orientale italiano dal 1943 fin oltre il termine della II Guerra Mondiale.
In occasione del Giorno del Ricordo di quest’anno, infatti, il Comune patrocina e mette a disposizione il proprio ufficio cultura per fornire informazioni, quale unico evento sul tema, la conferenza online dal titolo “Il confine orientale italiano, 1919-1975” tenuta il prossimo 14 febbraio dal dott. Matteo Pagliani, in cui lo stesso parlerà senza contraddittorio del complesso tema delle terre della Venezia-Giulia, Istria e Dalmazia.

L’osservazione che muove il dott. Pagliani, laureato in Filosofia e particolarmente appassionato dei partigiani comunisti come si evince dalle immagini in cui appare con una maglietta in cui campeggia il tricolore con la stella rossa, è che “Il dramma delle foibe e dei profughi italiani dall’Istria e dalla Dalmazia, nonché le travagliate vicende di Trieste nel secondo dopoguerra, possono esser compresi soltanto raccontando la storia del confine orientale italiano a partire dal 1919, una storia complicata, dolorosa e spesso violenta. Conoscerla a fondo, è oggi il modo migliore per ricordarne e commemorarne le vittime”.
Nella foga giustificazionista di raccontare le vicende delle terre del confine orientale italiano (partendo artatamente dalla riannessione al Regno d’Italia per soffermarsi, possiamo ipotizzare, sul conseguente processo di re-italianizzazione di quei territori e fornire le motivazioni e le giustificazioni agli eccidi dei titini) il relatore evita tuttavia accuratamente di retrodatare l’excursus storico che avrebbe invece permesso di ricomprendere i quasi 800 anni di dominio veneziano che si estendeva fino a Ragusa e le spinte risorgimentali ottocentesche nella sponda orientale dell’Adriatico, da sempre italiana. Per rendersi conto di quanto spirito italiano aleggi su quelle terre, sarebbe sufficiente, ancora oggi, uno sguardo all’architettura di ogni città istriana e dalmata, sentir parlare i vecchi in lingua dalmatica o ricordare i nomi di alcuni patrioti italiani originari di quelle province, come Nazario Sauro e Guglielmo Oberdan.

Non stupisce neanche più, a questo punto, osservare che l’evento preveda un unico relatore inserito in un canale comunicativo che esclude qualunque possibilità di replica, sebbene la mozione a firma della maggioranza di centro sinistra approvata il 29 ottobre scorso contemplasse di “organizzare una giornata di studi sul tema delle foibe, in senso ampio e inclusivo dei diversi punti di vista”. Punti di vista, va da sé, che si è evidentemente ritenuto debbano per forza di cose coincidere con l’ottica del relatore e della maggioranza.
Ma il Comune di Formigine non è nuovo a queste interpretazioni unilaterali, oseremmo dire partigiane, di tali fatti. Anzi, dimostra continuità e coerenza. Già a luglio scorso, infatti, il Consiglio comunale aveva bocciato la mozione a firma della Consigliera di Fratelli d’Italia Marina Messori, con cui si proponeva di intitolare un parco o una strada alla memoria della Medaglia d’Oro al valor civile Norma Cossetto, ventitreenne istriana seviziata e assassinata dai partigiani jugoslavi a causa della sua italianità.

Non solo tale contrarietà aveva assurto agli onori delle cronache, trattandosi di uno dei pochissimi casi in cui un Comune italiano aveva negato tale riconoscimento, ma ancora di più la motivazione aveva lasciato basiti. Il PD aveva, infatti, bollato la questione precisando in Consiglio che “sulla vicenda della povera Norma Cossetto è anche necessario uno studio storico approfondito e scientifico. I riscontri che ci sono fino ad ora non hanno una valenza, una pesantezza, un’importanza tale da dare una lettura chiara e definitiva di tutti i fatti”.
Sarebbe ridicolo, se non fosse in realtà tragico, che qualcuno ancora dopo 17 anni dalla Legge 92 del 2004 che istituisce il Giorno del Ricordo, si permetta di adombrare dubbi sull’istruttoria fatta sotto l’allora Presidente della Repubblica Ciampi che portò all’attribuzione della Medaglia d’Oro al Valor Civile a Norma Cossetto, conferimento che i suoi successori, Napolitano e Mattarella, che di certo non possono essere accusate di simpatie verso la destra, hanno confermato negli anni tramite i discorsi tenuti in occasione dei vari 10 febbraio.

Forse sarebbe maggiormente utile impiegare tali sforzi storici a rivalutare in maniera condivisa, invece, i crimini di Josip Broz “Tito”, fautore del dramma delle foibe e dell’esodo giuliano-istriano-dalmata in funzione anti-italiana, così da permettere, finalmente, di revocare la massima onorificenza della Repubblica Italiana, il Cavalierato di Gran Croce decorato di Gran Cordone, per testimoniare che l’Italia ha a cuore i tanti italiani uccisi o cacciati dalle loro terre natali”.

(Responsabile territoriale Nazione Futura Sassuolo)