Se è vero che l’attesa aumenta il desiderio, come mirabilmente ci ha mostrato Giacomo Leopardi ne “Il sabato del villaggio”, lo stesso non si può dire dell’affermazione del filosofo tedesco Gotthold Ephraim Lessing, ovvero che l’attesa del piacere sia essa stessa il piacere.
La differenza può sembrare sottile, ma a uno sguardo più attento appare invece evidente. A fornircene la prova sono i quattro membri della delegazione dell’Associazione Chernobyl di Maranello, Fiorano, Formigine OdV che da poche settimane sono rientrati da Zhlobin, Bielorussia, dove un gruppo di bambini delle zone contaminate dalla tragedia nucleare del 1986 ha trascorso una vacanza terapeutica al Centro Praleska, struttura statale di risanamento per bambini.
Gli oltre 20 mesi passati senza poter incontrare di persona i loro “bambini bielorussi” a causa del Covid, che assieme alle recenti turbolenze politiche ha impedito qualsiasi scambio umanitario tra i due Paesi, hanno di certo aumentato il desiderio delle famiglie accoglienti di riabbracciarli, ma è quantomeno forzato dire siano stati particolarmente piacevoli. E a giudicare dalle loro reazioni, lo stesso deve valere anche per i bambini.
Speranze di aperture puntualmente disattese e contatti con le autorità locali molto spesso infruttuose li hanno in realtà resi un incubo. Per fortuna un piccolo risveglio c’è stato e dopo tanto tempo una delegazione di un’associazione italiana, pur al termine di un viaggio abbastanza tortuoso e dopo due voli acquistati e in seguito cancellati, ha potuto finalmente entrare in territorio bielorusso.
L’obiettivo era quello di verificare, assieme al presidente dell’Associazione S. Matteo Onlus di Nichelino Silvio Tomasini, che assieme ai volontari del territorio modenese segue numerosi progetti in loco, la bontà e il funzionamento delle strutture del centro. Al motto di “Se non possiamo fare accoglienza in Italia, facciamola a distanza,” a circa 90 bambini provenienti dalla zona di Gomel è stato finanziato un soggiorno che si è svolto tra visite mediche e bagni termali in piscina, visite alla grotta del sale e momenti di gioco assieme agli amici, attività sportive e pasti in comune.
Il giudizio finale? Assolutamente ottimo, alla luce dell’impegno di accompagnatori e responsabili del centro, delle strutture mediche presenti e della quantità e qualità del cibo.
Vale la pena fornire un paio di dati per capire quanto siano importanti e attuali queste iniziative. Si pensa che il disastro di Chernobyl, accaduto ormai 35 anni fa, faccia parte del passato. Ciò che purtroppo non lo è sono le sue conseguenze.
Le misure dell’Istituto bielorusso Belrad di radioprotezione indicano che per molti anni ancora nei territori contaminati rimarranno attivi vari isotopi radioattivi. In particolare il Cesio 137, quello che più preoccupa, continuerà a esserlo per circa 250 anni. Per il Plutonio invece, fuoriuscito per fortuna in quantità minore rispetto al Cesio, si parla di migliaia di anni prima del suo decadimento definitivo.
Ogni anno l’Istituto Belrad esegue misurazioni su bambini che partecipano a soggiorni terapeutici lontani dalle zone contaminate dove risiedono. Nel corso del 2020 queste misurazioni hanno confermato che, con un mese di risanamento al di fuori dei loro territori, i bambini perdono circa il 50% della radioattività accumulata, soprattutto attraverso l’alimentazione, nei loro anni di vita.
Cose semplici come mangiare sano, fare alcune visite mediche basilari e praticare attività sportiva migliorano in maniera sostanziale la loro vita, addirittura la salvano nei casi più seri.
Il progetto di accoglienza a distanza “Malenkaya Strana” (Piccolo Paese) è solo uno dei tanti che le due associazioni seguono e finanziano sul territorio bielorusso. Ve ne sono altri simili come il progetto Casa Italia e il quello Rugiada di Verso Est Onlus e Legambiente, attraverso i quali quest’estate altri 36 bambini della provincia di Gomel usufruiranno di un periodo di risanamento terapeutico; ve ne sono anche di diversi, come il progetto sociale Eugheny, orientato alla prevenzione del disagio minorile, o il sostegno diretto offerto alle scuole dei villaggi di Malozhin, Asarevici, e Krasnoe, frequentate da molti dei bambini di cui sopra.
E questo in parallelo e in attesa di poter finalmente riaccogliere i bimbi in Italia. Per chi viene da una realtà così difficile, trascorrere un mese da noi significa curare la propria salute e ricevere nuovi stimoli mentali e affettivi. Dai primi anni 90 sono stati oltre mezzo milione i bambini bielorussi giunti sul nostro territorio, grazie al supporto di tanti volontari e di migliaia di famiglie italiane. Nel suo piccolo, in 25 anni d’attività l’Associazione Chernobyl di Maranello, Fiorano, Formigine OdV ne ha accolti quasi 500.
Dopo la scorsa estate, caratterizzata da un clima d’incertezza che ha fermato qualsiasi progetto di accoglienza, nemmeno quella del 2021 ha portato le riaperture sperate. L’obiettivo ora è dicembre 2021, nella speranza che le tensioni politiche si plachino e che la pandemia allenti in maniera definitiva la sua morsa. Perché ciò di cui questi bambini hanno davvero bisogno sono affetto e cure, di cui nessuna ragione di Stato o situazione sanitaria ha il diritto di privarli.
(Ass. Chernobyl Maranello, Fiorano, Formigine, OdV)