Venerdì 21 ottobre, alle ore 18, alla Biblioteca delle Arti (piazza della Vittoria 5 a Reggio Emilia), nell’ambito del ciclo degli “Incontri con l’autore” verrà presentato il libro di Renato Barilli ‘Autoritratto a stampa’ (Fausto Lupetti editore, 2010). L’autore dialogherà con Elisabetta Farioli direttrice dei Musei civici.
Nel corso dell’incontro di venerdì Barilli parlerà della sua opera, un appassionante e dettagliato racconto autobiografico, un vero e proprio pubblico diario in cui affiorano le più affascinanti vicende dell’arte contemporanea e della critica letteraria in Italia, dagli anni Cinquanta ad oggi, con una parentesi importante dedicata alla nostra città.
Che cosa c’è, in un percorso lungo più di mezzo secolo, serpeggiante tra arte, letteratura, estetica, e quali sono i fatti e le persone che Renato Barilli ha “visti da vicino”, e qual è stato il suo ruolo in tante vicende? Per dipanare il filo, si adotta il criterio dei decenni. Gli anni ‘50 segnano il grande incontro con Luciano Anceschi. Gli anni ‘60 vedono l’ascesa del Gruppo 63, che interpreta a meraviglia l’ingresso del nostro Paese nella fase dell’industrialismo consumista e produttore di merci, mentre gli anni ’70 e ‘80 sono recessivi, almeno sul fronte letterario, il che permette a Barilli di dedicarsi a studi storici. Negli anni ‘90 il panorama si rianima, appaiono all’orizzonte i bellicosi poeti del Gruppo 93, che rilanciano le ragioni sperimentali dei loro antesignani. E’ l’ora di mettere a punto una visione generale sul Novecento.
Dall’introduzione:
«Come chiamare un’impresa del genere? Il termine di autobiografia sarebbe troppo personalizzante, e dunque decisamente improprio. Ci sono alcune espressioni solenni, come “contributo alla critica di me stesso”, ma appunto buoni per autori di alto profilo, esagerati ed enfatici se applicati al mio caso. […] Mi è sembrato confacente il termine di autoritratto, rubato all’ambito delle arti visive. […] Ma aggiungo “a stampa” per togliere all’autoritratto un senso di morbosa complicità col privato, che è una dimensione che non intendo affatto affrontare. […] In definitiva, posso iscrivere queste mie pagine sotto l’efficace, provvidenziale formula del diario in pubblico, dove appunto il carattere privatistico, intimista della parola “diario” subisce un utile correttivo col dichiararlo effettuato coram populo.
[…] Quelle che seguono sono le note che spiegano come io sia giunto ai vari appuntamenti, come si giustifichi anche il mio apparente zigzagare da un tema all’altro […] come se fossi stato costretto a seguire molti fili, molte storie, ma fermandole di tanto in tanto per andare a recuperare altri fili. Il tutto, se si vuole, come un tentativo di conciliare diacronia e sincronia, condurre la cronaca per il lungo dei miei interventi sui vari fronti, con l’obbligo di accompagnarli fino a piazzole di sosta, per poi tornare indietro ad altri spunti e motivi.
[…] In fondo, e ricorrendo a un’ulteriore similitudine, è come quando le guide alpinistiche mostrano in una cartina il profilo di una catena montagnosa, indicando pure in punteggiato i percorsi seguiti dai vari scalatori nell’aggredirla. Nel mio caso, c’è solo la differenza che quelle numerose tracce, divaricate, divergenti, o invece ricche di tante interferenze, sono relative alle ascese, alle percorrenze di un’unica persona, intenta qui a dirne ragioni, occasioni, esiti più o meno felici».
Renato Barilli, storico letterario e d’arte e critico militante ha insegnato estetica, storia dell’arte contemporanea e fenomenologia all’Università di Bologna, dirigendo a lungo il Dipartimento delle arti visive. Ha preso parte alla neoavanguardia degli anni Sessanta, culminata nel “Gruppo 63”. Come critico letterario, si è occupato, tra l’altro, del nouveau roman francese, della narrativa italiana contemporanea e delle ultime tendenze della poesia d’avanguardia. Come critico d’arte, ha curato numerose mostre, ha storicizzato le esperienze d’avanguardia, dalla pop art alla body art, ha promosso il gruppo di artisti italiani da lui definito dei Nuovi-nuovi, è stato tra i primi ad occuparsi dell’utilizzo del computer e dei nuovi media nel campo dell’arte. Barilli ha stabilito nel tempo uno stretto legame con Reggio Emilia in campi diversi: sul fronte letterario come strenuo animatore – assieme a Nanni Balestrini e a reggiani Ivano Burani e Giuseppe Caliceti – di RicercaRE, Laboratorio di nuove scritture, per dieci anni dal 1993 al 2003, nella nostra città che aveva ospitato il secondo raduno del Gruppo ’63, grazie al supporto dell’ex sindaco Renzo Bonazzi e della moglie Marisa, figura di spicco nel panorama artistico, con i quali stabilì un rapporto mai interrotto. Inoltre sempre nell’ambito di RicercaRE a Barilli si deve l’“Omaggio a Corrado Costa” che ne riproponeva con una mostra ed un catalogo l’intrigante figura di uomo di cultura, in cui immagine e scrittura si intrecciano e inseguono. Sul fronte artistico Barilli ha valorizzato artisti del territorio come Wal che nel gennaio 1980 ha inserito nella pattuglia dei Nuovi-nuovi, Iler Melioli del quale ha curato la retrospettiva ai Chiostri di San Domenico, Pietro Mussini e Maurizio Goldoni che parteciparono negli anni novanta a mostre da lui curate, ed ha stabilito rapporti con figure come Rosanna Chiessi, editrice, organizzatrice di eventi ed esposizioni.
Da non dimenticare, tra le altre, la cura della mostra dei dipinti di Cesare Zavattini che svelarono uno Zavattini insolito, meno noto di quello dei suoi film, ma altrettanto ricco di immaginazione.
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