La maggioranza regionale, in modo raffazzonato, porta in Assemblea legislativa un progetto di legge volto a riorganizzare il sistema regionale delle aree protette. Nel documento si prevede l’istituzione di nuovi parchi regionali (inutili e costosi). In particolare, in una proposta correlata, s’include la costituzione del parco fluviale del Secchia.
La Legge 10 propone di ridurre i costi della politica dovuti alla proliferazione di apparati pubblici inefficienti. La Regione Emilia-Romagna, al contrario, aumenta le spese inventandosi nuovi ed inutili carrozzoni. In questo modo organismi autoreferenziali accentrano su se stessi il potere decisionale dimenticandosi del territorio. Quasi una riedizione emiliana del metodo sovietico della gestione pubblica.
Nello specifico, relativamente l’istituzione del parco fluviale del Secchia non poche sono state le rimostranze da parte dei cittadini e delle imprese attive sul territorio: il progetto ha incontrato la decisa avversità delle organizzazioni economiche agricole, di quelle industriali dei cavatori di ghiaia, ed anche della maggior parte delle organizzazioni ambientaliste e della maggioranza dei Comuni che verrebbero vincolati da uno strumento sovraordinato.
Il progetto fu tenuto fermo all’epoca dall’assessore Zanichelli e dal Presidente del Consorzio di gestione Nironi. Il Consorzio intercomunale che gestisce il parco, ha un consiglio di amministrazione presieduto dallo stesso Nironi, da un direttore e da diversi dipendenti il cui costo gravita naturalmente sui Comuni frontalieri del Secchia, da Casalgrande alla provincia di Mantova, sia in sponda destra che sinistra Secchia. Il solo Comune di Rubiera, per fare un esempio, partecipa al mantenimento del Consorzio con una spesa di 25.000 euro l’anno. I Comuni, stante la situazione della finanza locale, non intendono più pagare spese inutili.
Inoltre, se si deciderà di sterilizzare, nella sponda reggiana del Secchia, le fasce fluviali limitrofe al fiume, di fatto, si obbligheranno gli imprenditori a chiudere le aziende. Tre impianti di lavorazione inerti su cinque sono stati inclusi nel nuovo parco, queste aziende saranno costrette ad una lenta agonia, prima della chiusura totale.
Danni incalcolabili sia per chi ha intrapreso in questo territorio un’attività, investito, rischiato e creato occupazione senza calcolare che in altri luoghi sarebbe stato tutto più facile e più remunerativo.
Come si può pensare di istituire un parco in una fascia fluviale, quale quella reggiana, piena di industrie di primo ordine, vocate a crescere e creare nuova occupazione?
Credo che in questa fase di crisi globale sia prioritario mantenere in vita le aziende e i posti di lavoro.
La costituzione del “Parco Regionale del Secchia o parco fluviale” contrasta poi con gli obiettivi prefissati dalla stessa UE, si materializza come un atto conservativo di una “casta” che rimane indenne da tutti quei sacrifici cui i cittadini sono chiamati quotidianamente.
Il Gruppo del Popolo della Libertà è fortemente contrario a questa riorganizzazione, abbiamo predisposto per questo un nostro controprogetto maggiormente rispettoso delle comunità locali e dei portatori di interesse, improntato a criteri di confronto e di collaborazione con le rappresentanze del territorio.
(Fabio Filippi)