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Commercio Emilia Romagna: la crisi taglia i consumi più che nel 2009

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Prosegue la tendenza negativa delle vendite del commercio al dettaglio. La flessione delle vendite, una dinamica che ha preso avvio nel corso del 2008, si è intensificata a partire dalla seconda metà dello scorso anno, toccando nel primo trimestre 2012 una diminuzione ancora più ampia del crollo sperimentato nel corso del 2009. A soffrire maggiormente sono i piccoli esercizi commerciali, mentre la grande distribuzione mostra una sostanziale tenuta.

Queste alcune delle indicazioni che emergono dall’indagine congiunturale sul commercio al dettaglio realizzata in collaborazione tra Camere di commercio, Unioncamere Emilia-Romagna e Area Studi Unioncamere.

L’andamento complessivo

Le vendite a prezzi correnti degli esercizi al dettaglio in sede fissa dell’Emilia-Romagna sono diminuite del 4,1 per cento rispetto all’analogo periodo del 2011. Questa ulteriore riduzione fa seguito a quella del 3,5 per cento registrata nel trimestre precedente. L’ampiezza di questa variazione tendenziale negativa segna un nuovo punto massimo dell’intensità della crisi.

A livello nazionale, la situazione appare ancora più difficile e le vendite del commercio al dettaglio hanno subìto una caduta del 6,3 per cento.

Note negative anche per i prossimi mesi: solo un quinto delle imprese confida in una ripresa nel secondo trimestre dell’anno, per il 60 per cento permarrà lo stato di difficoltà attuale, mentre il restante quinto degli esercizi commerciali si attende un ulteriore peggioramento.

Le tipologie del dettaglio

L’avvio della crisi ha dapprima portato ad una contrazione dei consumi non alimentari più ampia. La durata della recessione ha successivamente determinato una sensibile riduzione anche dei consumi alimentari. Dunque, i consumatori hanno ridotto inizialmente la componente voluttuaria per poi rivedere anche i comportamenti di spesa per i beni di primaria necessità.

Nel primo trimestre dell’anno le vendite di prodotti non alimentari sono diminuite del 5,5 per cento, quelle di prodotti alimentari del 4,5 per cento.

Alla ricerca della convenienza, le famiglie hanno poi operato nuove scelte riguardo ai canali distributivi preferiti, favorendo la grande distribuzione.

Le vendite, di prodotti alimentari e non, negli ipermercati, supermercati e grandi magazzini, sono aumentate dell’1,7 per cento.

Il registro delle imprese

Le imprese attive nel commercio al dettaglio al 31 marzo erano 47.964. Rispetto ad un anno prima, la loro consistenza si è solo leggermente ridotta (-0,6 per cento), a fronte di una sostanziale stabilità a livello nazionale (+0,1 per cento). La lieve diminuzione rilevata in ambito regionale è frutto della composizione di un aumento delle società di capitale del 2,7 per cento, a fronte di una diminuzione delle imprese costituite in tutte le altre forme giuridiche, pari a -1,2 per cento per le società di persone, -0,7 per cento per le ditte individuali e -4,5 per cento per le cooperative ed i consorzi. Anche i risultati dell’anagrafe delle imprese confermano quindi la tendenza favorevole alle imprese di maggiore dimensione.