Leggo da qualche giorno sulla stampa locale opinioni diverse sulle cosiddette “quote rosa” introdotte da una legge, la 120 del 2011, che andrà in vigore il prossimo 12 agosto.
Le donne non sono appassionate di quote: in se e per se esse sono umilianti, sono l’ammissione che la società si basa su discriminazioni che impediscono la valorizzazione dei meriti, privilegiando l’appartenenza ad un genere, quello maschile.
Sì, perché nessuno può negare che l’occupazione pressoché totale dei posti di potere da parte degli uomini, lungi che essere legata alle maggiori capacità di questi rispetto alle donne, dipende essenzialmente dall’appartenere al genere maschile.
E non serve neanche scomodare le statistiche, che ci vedono più istruite, più veloci negli studi, con voti più alti per capire che il “merito”non pende asimmetricamente dalla parte degli uomini.
Una legge come la 120/11, che prevede il riequilibrio di genere (il termine è neutro, ma tutti sappiamo che il genere da riequilibrare è quello femminile) nei consigli di amministrazione e negli organi di controllo delle società quotate in borsa o controllate dal pubblico, cioè nei luoghi delle decisioni economiche, non può che essere salutata positivamente.
Ora però a Reggio Emilia, le Istituzioni( Provincia, Comune, Consigliera di Parità) e l’ordine dei commercialisti, proprio perché non intendono derogare dalla meritocrazia in nessun caso, hanno pensato di raccogliere i curriculum di donne meritevoli in un apposito data base, a cui poter attingere qualora, per ottemperare all’obbligo delle quote, società private o enti pubblici non abbiano individuato donne competenti.
Gli avvisi pubblici che Provincia e Comune capoluogo, con eccezionale solerzia hanno emanato lo scorso 2 agosto, vanno proprio in questa direzione.
Anzi l’auspicio è che si costituisca un data base con curriculum di uomini che ambiscono a ricoprire tali incarichi, di modo che si sgombri il campo da ogni retropensiero di clientelismo nell’assegnazione di cariche slegate dalla capacità e dal merito.
Tra le persone che si rendono disponibili, oltre a poter con trasparenza vagliare i percorsi di istruzione e professionali, è ipotizzabile anche attivare momenti formativi specifici, convinte come siamo che solo la competenza rende i luoghi della decisione più equi e consapevoli.
Allora siamo convinti ancora che le quote siano rosa?
Maria Mondelli – Consigliera di parità della Provincia di Reggio Emilia