Centocinquanta fotografie, centocinquanta anni dalla nascita di Emilio Salgari, centocinquanta maniere di rappresentare l’India. Gian Stefano Spoto, giornalista modenese, scrittore, autore televisivo e fotografo, attualmente vicedirettore di Rai Internazionale, ha firmato come fotografo un “diversamente libro”, intitolato “Centocinquanta Indie Salgari”, un prodotto di nuova concezione (Ed. Curcio).
Il volume verrà presentato nel corso di un incontro, introdotto dalla prof. ssa Elena Corradini, docente di Museologia, cui interverrà lo stesso autore, venerdì 14 dicembre alle ore 17.30 presso l’Aula Magna del Palazzo del Rettorato dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (via Università, 4) a Modena, nell’ambito del master in Catalogazione e accessibilità del patrimonio culturale (www.cibec.unimore.it).
Le pagine di questo volume ospitano divertite la strana convivenza fra uno scrittore ottocentesco dalla fantasia sperticata, che mai uscì dall’Italia, e un fotografo che, un secolo e mezzo dopo, va a catturare i sogni dell’altro, preferendo sorrisi a monumenti, occhi profondi a finti misticismi, passeggeri di corriere a simbolismi consunti.
Brani salgariani intervallati da annotazioni on the road scritte dal giornalista-fotografo, in un’impaginazione spericolata che magicamente non depista, ma fa entrare il lettore in un mondo di analogie e contrapposizioni, in un tempo che si è fermato, ma confina con un futuro comunque invaso dal medioevo.
Le donne, il settanta per cento della forza-lavoro indiana, hanno compiti massacranti come spalare carbone, impilare mattoni, scavare la terra, ma sono sempre perfette, impeccabili, con sari coloratissimi, avendo frequentato la scuola di modelle migliore del mondo: un enorme sacco sulla testa.
Centocinquanta Indie, forse poche, ma sufficienti a far compiere al lettore il percorso che lo porterà dal Rajasthan, l’atterraggio morbido per il turista neofita che si sente un po’ maharaja low cost , fino al dramma di Varanasi, la città santa sul Gange dove uomini e donne vanno ad attendere la morte con rassegnata serenità.
In mezzo il mondo dei Sikh, la cui beneficienza è organizzata come una multinazionale. E poi i guidatori di risciò, al cui eroismo quotidiano è dedicato il libro, che penetra negli interstizi e coglie gli stati d’animo, con punti di vista sempre diversi e giocando a rimpiattino con Sandokan e Yanez.
Gian Stefano Spoto sfugge i luoghi comuni, ma si inchina davanti al Taj Mahal, la più grande storia d’amore di tutti i tempi. E lo fotografa riflesso nell’acqua all’alba, come per cogliere la profondità del dramma di un potente della storia.