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Museo Civico di Modena: da sabato in mostra le vesti delle mummie

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mummia_particolareIl ritrovamento di oltre 300 corpi inumati nella cripta della chiesa parrocchiale di Roccapelago, la sfida di restaurarne gli abiti, testimonianze della vita rurale tra Seicento e Ottocento, e il confronto con una piccola comunità marchigiana, teatro di un’analoga scoperta. Nasce così la nuova mostra del Museo civico d’arte di Modena, intitolata “Le vesti di sempre: gli abiti delle mummie di Roccapelago e Monsampolo del Tronto. Archeologia e collezionismo a confronto”, che inaugura sabato 22 dicembre alle 17 a Palazzo dei Musei in largo Porta Sant’Agostino 337. L’esposizione propone un’ampia varietà di reperti e culmina nella presentazione di una delle mummie di Roccapelago, borgo dell’Appennino modenese, avvolta in una camicia-sudario di tela grezza. Aperta fino al 7 aprile, è promossa da Museo civico d’arte di Modena, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con i Comuni di Pievepelago e di Monsampolo del Tronto.

Nel restauro della chiesa della Conversione di San Paolo di Roccapelago, tra il 2009 e il 2011, furono ritrovati assieme ai corpi anche parte degli abiti, monili, medagliette e altri oggetti devozionali. I materiali, esposti la scorsa estate nel luogo del ritrovamento, diventano oggi parte di un inedito percorso espositivo, dialogando con antichi strumenti di tessitura, dipinti e alcuni capi provenienti dalla cripta della chiesa dell’Assunta di Monsampolo del Tronto, teatro di un analogo rinvenimento. Al visitatore si offre così un coinvolgente sguardo sull’abbigliamento popolare tra Settecento e Ottocento. Non cimeli preziosi o narrazioni eclatanti, ma fragili frammenti di vite vissute, racchiuse in umili vesti, monili o medagliette appartenuti a uomini, donne e bambini, protagonisti anonimi di un’antica quotidianità, il più delle volte fatta di fatica e miseria. Pochi oggetti che hanno accompagnato gli abitanti di Roccapelago e Monsampolo del Tronto per tutta la vita, fino alla morte e oltre, diventano oggi i soggetti principali di un inedito sguardo sulle due piccole comunità che nelle proprie chiese parrocchiali hanno conservato nel tempo le memorie forse più intime, databili tra il 1600 e il 1850, e tornate alla luce in tempi recenti. La mostra è curata da Lorenzo Lorenzini e Thessy Schoenholzer Nichols e sarà aperta da martedì a venerdì dalle 9 alle 12, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 (25 dicembre e 1 gennaio aperta solo al pomeriggio).

ALLA SCOPERTA DI ANTICHE COMUNITÀ RURALI

Comprende gli abiti trovati sulle mummie l’esposizione che inaugura il 22 dicembre

Culmina con la presentazione di una mummia di Roccapelago, avvolta da una camicia-sudario in canapa grezza, ma presenta anche abiti, monili, medagliette devozionali e alcuni quadri. Inaugura sabato 22 dicembre alle 17, al Museo civico d’arte di Modena, la mostra “Le vesti di sempre: gli abiti delle mummie di Roccapelago e Monsampolo del Tronto. Archeologia e collezionismo a confronto”, curata da Lorenzo Lorenzini e Thessy Schoenholzer Nichols. La mostra sarà aperta presso le sale espositive dei Musei Civici in largo Porta Sant’Agostino 337 da martedì a venerdì dalle 9 alle 12, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 (25 dicembre e 1 gennaio aperta solo al pomeriggio).

Dal sito di Roccapelago provengono anche due sorprendenti cuffie, una di damasco e l’altra di velluto, segni di affetto lasciati sul corpo di un neonato e di una signora. Si aggiunge poi, assieme ai monili, medagliette e altri oggetti devozionali celati tra le pieghe di abiti e sudari, un raro e commovente documento di spiritualità: una lettera scritta da Maria Ori di Roccapelago, che chiede preghiere giornaliere da ripetere per ben quindici anni al fine di ottenere indulgenze, protezione divina e salvezza dell’anima. Straordinarie per l’alto stato di conservazione con cui sono giunte a noi, sono poi gli abiti delle mummie di Monsampolo, testimonati in mostra da due camicie, un corsetto e una cuffia.

Le vesti delle mummie saranno affiancate da alcuni frammenti tessili della collezione Gandini, oltre che da un antico telaio da tessitura, fusi e rocche provenienti dalla raccolta del lavoro contadino e artigianale di Villa Sorra. Saranno esposti, come tasselli ulteriori in grado di rievocare l’immagine di quelle generazioni, alcuni dipinti del Museo Civico d’Arte: il Portarolo proveniente dalla Raccolta Campori e a firma del grande pittore lombardo Giacomo Ceruti detto il “Pitocchetto” (1698-1767), il Ritratto di due giovinetti di fine Settecento appartenente alla scuola del Gandolfi e Due teste di carattere realizzato da Giovanni Antonio Burrini a fine 600.

La mostra è promossa da Museo civico d’arte di Modena, Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Emilia-Romagna e Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con i Comuni di Pievepelago e di Monsampolo del Tronto. È completata da proiezioni su grandi schermi dedicate ai ritrovamenti archeologici delle chiese Parrocchiali di Roccapelago e Monsampolo, e da una proiezione sul restauro conservativo delle vesti delle mummie di Roccapelago, finanziato e coordinato dall’Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna.

ROCCAPELAGO E MONSAMPOLO A CONFRONTO

Gli abiti utilizzati per vestire i defunti e i monili rinvenuti sulle mummie descrivono la vita delle comunità emiliane e marchigiane tra il Seicento e l’Ottocento

Abiti e monili rinvenuti sui corpi mummificati raccontano la vita di due piccole comunità rurali, tra il Seicento e l’Ottocento. Due frazioni di montagna, una sull’Appennino tosco-emiliano, l’altra in provincia di Ascoli Piceno, sono al centro della mostra “Le vesti di sempre: gli abiti delle mummie di Roccapelago e Monsampolo del Tronto. Archeologia e collezionismo a confronto”, che inaugura sabato 22 dicembre al Museo civico d’arte di Modena, in largo Porta Sant’Agostino 337.

Roccapelago. La realtà di Roccapelago, frazione di Pievepelago in provincia di Modena, costituisce un caso unico in Emilia da quando, tra il 2009 e il 2011, il restauro della chiesa della Conversione di San Paolo ha riportato in luce un ambiente della rocca medievale utilizzato a partire dal Cinquecento come cripta sepolcrale, per essere abbandonato e murato intorno alla metà del Settecento. In esso erano presenti 300 corpi, una sessantina dei quali giunti a noi naturalmente mummificati a causa delle favorevoli condizioni ambientali. Tra i molti reperti rinvenuti, quelli tessili si sono rivelati fonte di vivo interesse e, nonostante molti di essi risultassero inizialmente di difficile lettura, la loro analisi ha fornito un’emblematica istantanea sulla piccola comunità appenninica quotidianamente in lotta con la durezza di una vita che imponeva pochissime concessioni al superfluo. Le limitazioni si protraevano anche oltre l’esistenza dettando a loro volta il metodo di inumazione: i cadaveri venivano infatti vestiti solamente con la camicia e le calze, quindi chiusi in un sudario in tela, spesso cucito addosso al corpo del defunto. Gli studi condotti in seguito hanno consentito di ipotizzare che l’assenza degli abiti potrebbe avere, quale vera motivazione, la necessità di conservarli per gli altri membri della famiglia del defunto. A questi rimaneva tuttavia la camicia, l’indumento più intimo, portato direttamente sulla pelle e talmente personale da non poter essere trasmesso.

Monsampolo. Nel corso dei lavori di riparazione dei danni causati dal terremoto che ha colpito l’Umbria e le Marche, nella chiesa dell’Assunta in Monsampolo (Ascoli Piceno) sono stati riportati alla luce nel 2003 oltre 20 corpi umani mummificati. L’eccezionalità del ritrovamento sta soprattutto nella rarità dei reperti, in quanto gli abiti popolari difficilmente sono giunti fino a noi, non solo per l’utilizzo protratto fino alla consunzione, ma anche perché ritenuti prodotti di scarso interesse. L’esame delle vesti ha messo in evidenza, oltre alla varietà delle fogge riconducibili al ceto popolare del Piceno, lo straordinario stato di conservazione delle fibre tessili, canapa, lino e ginestra, solitamente sottoposte a completo disfacimento. I pezzi ritrovati (abiti femminili, gilet maschili, calze, cuffie, camicie), per quanto tutti molto rappezzati, si mostrano allo stesso tempo ricchi di particolari come bottoncini, preziosi merletti e ricami, segno che i corpi sono stati seppelliti con le vesti povere ma migliori: quelle della festa. A differenza delle vesti decisamente più umili di Roccapelago, la più ricca fattura degli abiti delle mummie di Monsampolo riflette dunque la volontà di una comunità di profondere decoro e dignità ai momenti fondamentali della vita, compresa la morte.

La mostra, promossa da Museo civico d’arte di Modena, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con i Comuni di Pievepelago e di Monsampolo del Tronto, sarà aperta da martedì a venerdì dalle 9 alle 12, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 (25 dicembre e 1 gennaio solo al pomeriggio).

LA SFIDA DI RESTAURARE ABITI IN LINO E LANA

Materiali come quelli trovati a Roccapelago sono altamente deperibili e raramente sono giunti fino a noi. Un restauro finanziato dall’Ibc ne ha consentito il recupero

Gli oggetti rinvenuti assieme ai corpi mummificati degli abitanti dell’antica Roccapelago rappresentano un ritrovamento importante e raro e un’autentica sfida per i restauratori. Consunti dall’uso quotidiano, difficilmente gli abiti dei poveri si conservano e giungono fino a noi. Inoltre, i tessuti naturali come lino, canapa e lana, utilizzati comunemente dalla povera gente dell’Appennino, sono estremamente deperibili. Dopo un accurato intervento di restauro, alcune di queste vesti rurali saranno in mostra da sabato 22 dicembre al Museo civico d’arte di Modena, in largo Porta Sant’Agostino 337, nell’esposizione “Le vesti di sempre: gli abiti delle mummie di Roccapelago e Monsampolo del Tronto. Archeologia e collezionismo a confronto”.

Dei due siti archeologici presenti in mostra, lo scavo di Roccapelago è stato emblematico. Sui 300 inumati presenti nella cripta (infanti, ragazzi e adulti di entrambi i sessi), sono state trovate una grande quantità di indumenti di poche tipologie differenti. In genere, il corpo mummificato indossa una camicia avvolta in un sudario, mentre il capo è racchiuso talvolta in una cuffia e i piedi sono protetti da calze in maglia di lana. Povere vesti confezionate con tele riassemblate e rattoppate, i cui unici e “preziosi” decori sono rappresentati da bordi sfilati orlati a giorno o da merletti a fuselli nei colletti e nei polsini: ornamenti semplici e accessori essenziali prodotti in ambito domestico con lavorazioni artigianali, a eccezione di due cuffiette in seta i cui tessuti preziosi, un velluto tagliato rosso morello e un damasco rosso, inducono a ritenerli probabili doni preziosi venuti “da fuori”.

I capi individuati per il restauro – un abito da bambino, una parte di camicia, un polsino in fibra vegetale e due cuffie in seta – sono stati scelti per fornire una campionatura ristretta ma significativa, selezionata in relazione a criteri diversi: la svestizione non distruttiva della mummia, la buona conservazione dei reperti, la varietà di tipologie vestimentarie e tessili documentate, il numero limitato di materiali da preservare in vista della risepoltura programmata degli inumati. Le operazioni conservative hanno previsto una prima documentazione fotografica e una prima pulitura, il lavaggio ad acqua o a secco in base alle prove di tenuta del colore effettuate preventivamente, l’asciugatura e il posizionamento delle fibre finalizzato al ripristino dell’ortogonalità.

Si è proceduto poi al rilievo grafico dei modelli sartoriali, allo studio dei filati, dei tessuti e dei decori, al consolidamento a cucito delle parti consunte e sfilacciate con applicazione di supporti tessili congrui tinti ad hoc per il risarcimento delle lacune locali, e al consolidamento integrale del reperto. Per la conoscenza dei materiali, determinanti sono state infine le analisi condotte con le più aggiornate strumentazioni scientifiche.

La mostra “Le vesti di sempre: gli abiti delle mummie di Roccapelago e Monsampolo del Tronto. Archeologia e collezionismo a confronto”, promossa da Museo civico d’arte di Modena, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con i Comuni di Pievepelago e di Monsampolo del Tronto, sarà aperta da martedì a venerdì dalle 9 alle 12, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 (25 dicembre e 1 gennaio solo al pomeriggio).