Home Sassuolo La favola di Natale di Giuseppe Sofo

La favola di Natale di Giuseppe Sofo

# ora in onda #
...............




sofo_A casa mia non si è mai festeggiato veramente il natale.
E non solo per motivi religiosi, ma perché festeggiavamo la befana. I regali ce li scambiavamo il 6 gennaio, e quindi, mentre tutti i bambini giocavano con i loro regali dal 25 dicembre al 7 gennaio, quando si tornava a scuola, io avevo solo un giorno per farlo. Ma era un giorno bellissimo.
Cominciava molto presto, la mattina, quando era ancora buio. La sera prima preparavamo le cose che piacevano alla befana. Alla befana piacevano molto il caffè, i mandarini e i cioccolatini. E quindi mia madre metteva sul fuoco una caffettiera da due, mentre io sceglievo i mandarini più belli e i cioccolatini più buoni. Certo, un po’ mi dispiaceva non mangiarli, ma in cambio dei regali mi dicevo che non sarebbe stato un sacrificio enorme. Alla befana piacevano molto anche le noci, ma quelle le apriva mia madre. A cui, tra l’altro, piacevano le stesse cose che piacevano alla befana. Una coincidenza che non mi aveva mai fatto riflettere più di tanto.
Quando tutto era pronto, chiudevamo tutte le finestre e le porte di una stanza, quella in cui ci saremmo andati a nascondere al suo arrivo. Di solito era il bagno, perché lì eravamo sicuri che non ci avrebbe trovati. Per nasconderci però aspettavamo il suono del primo campanellino. Quando sentivamo quel suono per la prima volta, significava che la befana stava per arrivare, e che noi non potevamo muoverci. Quando lo sentivamo la seconda volta, significava che potevamo uscire e che se n’era andata. In realtà se penso a tutti i mandarini, le noci, i cioccolatini e il caffè che le lasciavamo, era abbastanza rapida. Ma nascosto in bagno, mi sembrava un tempo infinito. Un tempo in cui già cominciavo a pensare ai regali che avrei ricevuto, e alla giornata magnifica che avrei passato giocandoci.
L’unica volta in cui credo di aver odiato mia madre è stato il momento in cui mi ha detto che la befana non esisteva. Che era lei, mia madre e non la befana, a portare i regali. E soprattutto, che era lei a bersi il caffè e a mangiarsi cioccolatini, noci e mandarini. Avevo nove anni ed ero semplicemente e sinceramente triste. Deluso. Mi sentivo tradito. Perché avevo perso forse una delle cose più importanti per un bambino: avevo perso una favola. Una storia, qualcosa in cui credere, anche se solo per una notte l’anno.
Ho sentito un dolore che è impossibile spiegare ad un adulto. A meno che non abbia sentito lo stesso da bambino. Un dolore che mi è sembrato risalire da quel buco in cui si era nascosto, molti anni dopo, in una scuola elementare e materna in Francia. Insegnavo italiano a ragazzini tra i tre e i dieci anni, in un paesino sperduto tra le alpi. Nelle ultime settimane prima delle ferie natalizie, avevo pensato di fare con loro delle storie sul natale, di colorare alberi e di fare magari un piccolo presepe. Ho cominciato con una classe di bimbi di tre anni, che avevano molte idee riguardo al natale, ma tutte molto confuse. C’era chi era convinto che Babbo Natale fosse Gesù, chi diceva che erano i genitori a pagare Babbo Natale per portare loro i regali, e chi diceva che Gesù era molto fortunato, perché era nato proprio il giorno di Natale.
Poi sono stato in un’altra classe, di bambini tra i cinque e i sei anni, e appena ho spiegato quello che avremmo fatto, loro hanno cominciato a prendermi in giro. “Ma credi ancora al natale?” mi dicevano. “Guarda che Babbo Natale non esiste, sono i genitori che portano i regali”. Mi sono sentito ancora una volta triste. Deluso. Ho avuto l’impressione che quella favola che io avevo perso, questi bambini non l’avevano mai avuta. Io credo che ognuno sia libero di credere in ciò che vuole, ma alle favole no, a quelle dobbiamo crederci tutti. Voglio crederci io, e soprattutto voglio che ci credano i bambini.
Se ci penso ora, forse non ricordo neanche uno dei regali che ho ricevuto dalla befana. Ma ricordo, sicuramente, i momenti in cui mi nascondevo per aspettarla. Gli unici ricordi che ho della casa in cui abitavo da bambino, sono proprio quelli legati a quel giorno, e a quell’attesa. Il vero regalo della befana, per me, era la fantasia che l’aveva costruita nella mia testa, il buio che c’era tra il suo arrivo e la sua partenza. Non ciò che sapevo e che potevo stringere tra le mani, ma ciò che non sapevo e che non potevo vedere.
Oggi finalmente, da quattro anni, il natale lo festeggio. Perché è una buona scusa per riunirsi in un ospedale, con alcuni amici, e raccogliere soldi e cose per chi ne ha bisogno. Ma in realtà tutti noi abbiamo bisogno di qualcosa. Di favole, di fantasia, di qualcosa in cui credere anche solo per una notte, ma che ci fa stare bene. Perché se non credessimo alle favole, diventerebbe difficile oggi decidere di sposarsi e passare una vita insieme, come hanno fatto due miei amici solo pochi giorni fa. Diventerebbe impossibile decidere di studiare e di lavorare duro per ottenere ciò che si vuole, quando sembra che al merito non venga dato il giusto valore. Diventerebbe difficile fare piani di futuro, quando sembra che ti stiano rubando anche il presente.
Quindi se avete bambini, adulti o anziani che vi aspettano a casa, quando tornate da loro, raccontatevi una favola. Voi la racconterete a loro, e loro la racconteranno a voi. Sarà il primo regalo di natale che non dimenticherete mai.

Giuseppe

da www.giuseppesofo.net

Testo letto in occasione di Natale in ospedale quarta edizione