Home Filosofia Cala il sipario sul Festival Filosofia. L’applauso a Bianchi e il lancio...

Cala il sipario sul Festival Filosofia. L’applauso a Bianchi e il lancio dell’edizione 2026: Caos

# ora in onda #
...............




Cala il sipario sul Festival Filosofia. L’applauso a Bianchi e il lancio dell’edizione 2026: Caos
Festivalfilosofia Sassuolo (ph Elisabetta Baracchi)

Una Piazza Garibaldi gremita ha salutato la conclusione della venticinquesima edizione del Festival Filosofia, un’edizione speciale dedicata al tema della paideia e tenutasi nel vivo ricordo della sua “anima e fondatrice”, Michelina Borsari. L’onore di chiudere la tre giorni di cultura e pensiero è spettato al teologo e saggista Enzo Bianchi, con una lezione magistrale sulla figura di “Gesù Rabbi” che ha saputo toccare le corde più profonde del pubblico presente, sia in piazza sia in diretta streaming dal Teatro Carani.

L’evento conclusivo si è aperto con il saluto del sindaco di Sassuolo, Matteo Mesini, che ha voluto sottolineare il valore del festival come momento di “custodia” dell’eredità lasciata da Michelina Borsari, capace di portare nelle piazze “gli amici della conoscenza”. Con l’edizione 2025 agli archivi, Mesini ha avuto il compito di annunciare la parola chiave della prossima edizione, la ventiseiesima, che si terrà dal 18 al 20 settembre 2026. Il tema sarà Caos, un concetto definito “generativo ma anche dissipativo, una categoria adeguatissima per prendere di petto la situazione di un mondo attraversato da dissoluzioni di vecchi ordini, eventi catastrofici e processi profondi di cambiamento sul piano politico, scientifico e climatico”.

Proprio a questa parola, “caos”, si è agganciato Enzo Bianchi in apertura del suo attesissimo intervento. “Non vorrei lasciar cadere questo annuncio semplicemente come un avviso per il prossimo anno”, ha esordito, “ma mi sembra doveroso che pensiamo alla situazione in cui siamo, in cui veramente le forze del caos sembrano prevalere nel nostro mondo attuale”. Con parole forti e cariche di emozione, Bianchi ha denunciato il “genocidio di poveri” in corso, manifestando la propria “vergogna” per l’incapacità dell’Occidente e dei cristiani di esprimere un giudizio netto e una “denuncia profetica di chi stermina migliaia e migliaia di bambini”. Un richiamo potente all’attualità che ha immediatamente dato il tono a una lezione profonda e mai scontata.

Nel cuore del suo intervento, Bianchi ha esplorato il concetto di paideia come “ideale di formazione globale dell’umano”, un’educazione urgente oggi più che mai, in un’epoca che rischia la “mercificazione del sapere” e dove non si insegna più “ciò che è vero e reale, ma ciò che serve”. In questo contesto, la figura di Gesù è stata presentata come il paradigma del maestro, il rabbi per eccellenza.

Enzo Bianchi (ph Elisabetta Baracchi)

Attingendo alle fonti evangeliche e storiche, Bianchi ha tracciato il ritratto di un maestro unico, la cui autorevolezza (exusia) non derivava da un potere divino imposto, ma dalla sua “credibilità”. “La credibilità di Gesù”, ha spiegato, “nasceva principalmente dalla forza delle sue convinzioni e dalla coerenza tra ciò che pensava, ciò che diceva, ciò che operava e viveva”. Un maestro che non aveva paura di dire la verità, anche a caro prezzo, e la cui autorità consisteva nel “far crescere l’altro” (augere).

Bianchi ha evidenziato le peculiarità dell’insegnamento di Gesù rispetto agli altri rabbini del suo tempo: non veniva scelto dai discepoli, ma era lui a scegliere, chiamando a sé i suoi seguaci e stabilendo con loro un rapporto non servile, ma di amicizia e affetto. Il suo metodo era basato sull’ascolto e sulle domande (“Cosa vuoi che ti faccia?”), un approccio dialogico che si spogliava di ogni presunzione per incontrare l’altro nella sua piena dignità di persona, al di là di ogni etichetta. Insegnare per Gesù, ha ricordato Bianchi, significa “fare segno”, ovvero “consegnare simboli, chiavi per interpretare la realtà e la vita”, indicando un orizzonte e una direzione.

La lezione non ha taciuto il dramma finale di questo percorso educativo: il tradimento. Un insegnamento così radicale e liberante, che metteva “l’uomo a servizio della legge e non viceversa”, rappresentava una “vera minaccia per il tempio, per i sacerdoti, per la tradizione”. Ed è stato proprio un discepolo, “uno dei 12”, a consegnarlo alle autorità. Ma anche in quel momento estremo, ha concluso Bianchi, Gesù è rimasto maestro fino in fondo, chiamando il traditore “amico” e insegnando “come vivere e come morire”.

Un lungo e commosso applauso ha salutato la fine della lezione, chiudendo un’edizione del Festival Filosofia che, nel solco tracciato da Michelina Borsari, ha saputo ancora una volta offrire alla città e ai suoi visitatori uno spazio di riflessione indispensabile. L’appuntamento è rinnovato per il 2026, per affrontare insieme la sfida intellettuale ed esistenziale del “caos”.

 

(Claudio Corrado)