L’immigrazione rappresenta un fattore di “freschezza e forza” per l’Italia. E’ un elemento sul quale il nostro Paese, la sua classe politica come l’opinione pubblica, deve prendere coscienza, assieme alla consapevolezza che non si tratta di un fenomeno transitorio. E’ questa la cornice nella quale il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano inquadra l’udienza al Quirinale di una rappresentanza di immigrati divenuti nuovi cittadini italiani, salutati dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, alla presenza tra gli altri del presidente della Camera Gianfranco Fini.
Per il capo dello Stato, vi è “una ragione fondamentale che dovrebbe ispirare e guidare le scelte della politica e in concreto le decisioni legislative: questo afflusso di nuove energie, provenienti da ogni parte del mondo e radicatesi nel nostro paese è un fattore di freschezza e di forza per la nazione italiana”. Il presidente della Repubblica invita a “procedere con serietà” nell’affrontare il tema “evitando innesti frettolosi che si rivelerebbero artificiali e fragili. Vogliamo accogliere nuovi cittadini consapevoli, che siano riconosciuti e si affermino come tali. Ma il punto di partenza – avverte Napolitano – non può non essere una presa di coscienza collettiva del carattere non temporaneo che ha assunto il fenomeno dell’immigrazione in Italia e dunque della necessità di trarne le naturali conseguenti sul piano dello sviluppo delle politiche di integrazione, delle norme e delle prassi per il conferimento della cittadinanza. E’ essenziale – afferma con forza il presidente – che a tale presa di coscienza giungano non solo le istituzioni ma l’intera collettività nazionale”. In tal senso, Napolitano auspica che “cadano vecchi pregiudizi. Occorre un clima di apertura e di apprezzamento verso gli stranieri che si fanno italiani: lavoratori, studenti, ricercatori, imprenditori, sportivi, manager. E’ in un simile clima – riflette il capo dello Stato – che possono avere successo le politiche volte a stabilire le regole e a rendere possibile non solo la più feconda e pacifica convivenza con gli stranieri ma anche l’accoglimento di un numero crescente di nuovi cittadini”. D’altro canto, resta comunque sempre valido “il principio di una netta distinzione tra immigrazione legale e illegale, nel senso di incentivare la prima pur sottoponendola a procedure che tengano conto di necessità effettive e di ragionevoli limiti; e di contrastare risolutamente la seconda in nome della legge e della sicurezza pur nel rispetto di elementari diritti umani che non possono conoscere barriere”.Il presidente della Repubblica esorta poi a “procedere con la massima serità. Non c’è dubbio che per diventare italiani è necessaria una piena identificazione con i valori di storia e di lingua e con i principi giuridici e costituzionali che sono propri della nostra nazione e del nostro Stato democratico; e che noi, d’altronde – aggiunge Napolitano – dobbiamo tendere a consolidare anche nella coscienza di quanti sono nostri cittadini da sempre”. Al tempo stesso, però, il presidente della Repubblica rileva che “più si mette l’accento su forme di verifica dell’avvenuta piena adesione da parte dei singoli stranieri al nostro sistema di valori e di principi, meno si può irrigidire il criterio del tempo di residenza che si è trascorso in Italia”.
Da parte sua, il presidente della Camera Gianfranco Fini auspica l’approvazione, già in questa legislatura, di una nuova legge sulla cittadinanza per gli immigrati in Italia, al fine di rendere la normativa ”più attuale”. ”E’ cambiata la realtà sociologica del Paese, sono maturi i tempi per discutere di una nuova legge”, osserva. Inoltre, ”se si mette l’accento sulla necessità, per diventare italiani, di riconoscersi pienamente nei valori di fondo della nostra Costituzione e della nostra cultura, non è poi così importante stabilire quanti anni bisogna trascorrere ininterrottamente sul suolo nazionale per diventare cittadini italiani”. Per il presidente della Camera, infatti, sono ”due posizioni entrambe estreme e sbagliate” quelle che propongono di dare la cittadinanza già al momento della nascita in Italia, e quella che, attualmente in vigore in Italia, prevede il raggiungimento della maggiore età ovvero dei 18 anni.
Il ministro dell’Interno Roberto Maroni fornisce i dati sulle concessioni della cittadinanza italiana agli immigrati. Concessioni che sono raddoppiate in soli due anni: dalle 19.226 registrate nel 2005 si è passati a 35.766 del 2006, fino alle 38.466 del 2007. E la tendenza, spiega il ministro, “appare confermata anche dal dato 2008 se consideriamo che, al 31 ottobre, le concessioni sono attestate a 32.238”. Numeri, questi, “destinati ad un progressivo aumento”. Occorre quindi “un impegno da parte delle istituzioni affinché l’integrazione degli immigrati sia effettiva, obiettivo che un’apertura indiscriminata delle frontiere non riesce a garantire. Non si tratta solo ed esclusivamente di una questione di sicurezza, ma di creare la maggiore integrazione possibile in condizioni sostenibili da parte del Paese”.
“Il rispetto dei nostri valori fondanti e la conoscenza essenziale della nostra lingua e della nostra storia” per Maroni devono essere “accertati con serenità ed equilibrio” affinché non si giunga a concedere il beneficio della cittadinanza “indistintamente a tutti attraverso valutazioni superficiali”.
Fonte: Adnkronos