Il  recente  fallimento  della  società  Xanta  Srl di Mirandola deciso dal Tribunale di Modena il 16 dicembre scorso, è emblematico del proliferare di
società spurie di somministrazione di lavoro, che hanno trovato spazio e si sono  mosse fra illegalità e disinvoltura in un sistema di norme improntato a flessibilizzazione e precarizzazione del mercato del lavoro.
Purtroppo  aveva  ragione  la  Cgil che in questi anni non ha mai smesso di denunciare   la  società  per  attività  illecita  di  somministrazione  di manodopera e sfruttamento dei lavoratori.
Oggi   quell’azienda  è  fallita  dopo  aver  sfruttato  negli  anni  4.200 lavoratori,  precari  e senza diritti, che la CGIL è impegnata ad assistere
sul piano legale per il riconoscimento dei diritti negati.
La  Xanta,  società del Gruppo Cofit (che comprende anche altre controllate Fincredit,   Edimedia   Communication,   Giomax),  nella  sua  attività  di somministrazione  di  manodopera si è sempre mossa sul filo delle regole, e anche  in  aperta  violazione  delle  stesse,  come  rivelò  l’indagine dei carabinieri  nel  novembre  2005  e  il  successivo  ritiro  nel marzo 2006 dell’autorizzazione  ministeriale all’esercizio della funzione di ricerca e selezione del personale.
Approfittando  delle  maglie  larghe  delle  leggi sul mercato del lavoro e della  carenza  di  controlli,  la Xanta, pur non essendo agenzia di lavoro legalmente  autorizzata,  per anni ha somministrato lavoratori alle aziende in modo irregolare attraverso fittizi appalti di manodopera. Operava con le sue 18 filiali in tutta Italia, con una presenza concentrata in particolare
in  Emilia-Romagna,  Lombardia,  Veneto,  Marche  e  Abruzzo.  Nella nostra provincia aveva sede legale a Mirandola e diverse filiali.
In  pratica,  la  società (pur non avendone l’autorizzazione) somministrava lavoratori  che  anziché essere assunti come dipendenti con il contratto di riferimento  aziendale, venivano trattati come collaboratori coordinati e a
progetto della stessa Xanta.
Comprimendo  diritti  e  tutele  dei lavoratori, ciò consentiva un notevole risparmio  contributivo,  retributivo  e anche fiscale poiché oltre la metà
dello stipendio – che si aggirava mediamente su cifre di 7-800 euro mensili – era rappresentata dalla voce “indennità di trasferta” (esente appunto da contributi e tasse).
Con  il  fallimento  di  Xanta,  circa  4.200  lavoratori  – tra dipendenti dell’Agenzia  stessa  e  somministrati,  di cui circa la metà concentrati a Modena   e  in  Emilia-Romagna  –  hanno  l’opportunità  secondo  la  legge fallimentare   di   far  valere  i  propri  diritti  e  recuperare  crediti
retributivi  (Tfr  e mensilità arretrate), presentando domanda al Tribunale entro il 17 febbraio 2009.
La Cgil di Modena, che in questi anni è stata in prima fila nella denuncia delle  attività  illecite  di  Xanta  e  di  un  sistema  di  regole che ha
alimentato  la  precarietà  del  mondo  del  lavoro, sta diffondendo questa informazione  presso  tutte  le  sedi  in cui la società ha operato, ed è a disposizione  dei  lavoratori  per  assisterli  nella  presentazione  della domanda.
Diverse  sono  le cause-pilota che la Cgil di Modena ha intentato, e vinto, in  questi  anni contro Xanta, in nome e per conto di lavoratori dipendenti della società stessa. Società che, non va dimenticato, per un certo periodo aveva  persino  dato  vita ad un sindacato di comodo al proprio interno con relative  rappresentanze  sindacali,  non  ultimo  per  contrastare  meglio
l’attività vertenziale.
Inoltre,  di  fronte  alle  denuncie  del sindacato, l’azienda ha più volte accusato  la Cgil di  atteggiamento  prettamente  politico,  evitando  di assumersi le proprie responsabilità, tanto che è ancora pendente una nostra denuncia contro la stessa Xanta.
Grazie anche ai controlli della DPL di Modena, è stato possibile dimostrare davanti  al  giudice  la  condizione  di  lavoro  subordinato e ottenere il
riconoscimento   delle   differenze   retributive   e  contributive  per  i lavoratori,  oltre  a  dimostrare  la  conseguente  evasione contributiva e fiscale.  Si  tratta  di  vertenze  che  complessivamente  hanno  portato a
risarcimenti a carico di Xanta per diverse centinaia di migliaia di euro.
Anche  per  i  lavoratori somministrati ad altre imprese sono state avviate numerose vertenze sindacali, chiamando l’azienda utilizzatrice a rispondere in  solido,  e  in  almeno  40  casi  le aziende hanno preferito transare e risarcire i lavoratori. Ciò a riconoscimento della responsabilità che anche le aziende utilizzatrici hanno verso l’utilizzo irregolare dei lavoratori.
Come  è  stato  possibile  il caso Xanta? Una società che in questi anni ha moltiplicato  le  sedi  in  tutta  Italia, ha millantato riconoscimenti del Ministro  del  Lavoro Maroni come esempio di stimolo all’occupazione e alla dinamicità  del  mercato  del lavoro. Una società che pubblicizzava in modo plateale,  anche  sulle  nostre  emittenti  locali,  tramite  televenditori
l’offerta  di  posti di lavoro (da metalmeccanico piuttosto che da manovale edile).
“Una  grande  responsabilità – ha affermato stamattina in conferenza stampa
il  segretario  della  Cgil di Modena Donato Pivanti – sta nelle regole del mercato    del    lavoro   e   nell’eccessiva   flessibilizzazione   basato sull’introduzione  di una diffusa tipologia di contratti precari dietro cui è  facile mascherare il lavoro subordinato”.
 
“Condizione – aggiunge Pivanti –  che  ha  favorito l’affermarsi di una cultura del facile profitto basato sul  supersfruttamento e sulla negazione dei diritti delle persone da parte
di  imprese  prive  di  etica e di ogni scrupolo sociale. Non meno grave la responsabilità   dell’insieme  delle  imprese  utilizzatrici,  che  pur  di sottrarsi  ai  vincoli, hanno attinto a man bassa a queste forme irregolari di   somministrazione,  favorendone  la  crescita.  Imprese  queste  ultime dovranno  essere chiamate a rispondere delle proprie responsabilità sia nei confronti dei lavoratori che della legge”.
“Xanta  non  è  un  caso  isolato,  a Modena e nel resto d’Italia, esistono nsocietà  e cooperative spurie che continuano ad operare in modo illecito la somministrazione  di manodopera”  hanno  affermato  Claudio  Argilli  del
sindacato atipici NIdiL/Cgil e Paola Bertani dell’ufficio vertenze Cgil.
Da un lato sono sempre più esigue le risorse per i controlli a disposizione degli  ispettori  del lavoro, che non solo sono cronicamente sott’organico,
“ma ultimamente – commentano i sindacalisti – non hanno neppure i soldi per inviare le raccomandate”.
Non  aiuta  neppure  la  recente  Direttiva  del  Ministero  del Lavoro che disattende  la  precedente  Circolare  Damiano  (n.4,  29 gennaio 2008) che invitava  gli  ispettori  a  serrare  i controlli sui “falsi” collaboratori indicando  esplicitamente  che  non  potevano  essere considerati tali, gli addetti  ai  call  center,  alle  pulizie,  i baristi, camerieri, commessi, parrucchieri,  manutentori  e  facchini, ecc… dove sono palesemente assenti progettualità  e  autonomia  della  prestazione.  Con  la recente direttiva ministeriale   anche   questi  lavori  possono  essere  riconducibili  alla collaborazione e diventa quindi più difficile dimostrarne l’abuso!
Spesso  poi  le  agenzie  abusano  anche  delle  norme regionali sul lavoro svantaggiato  (art. 13 d. lgs. 276/03) che consentono sgravi per le aziende per   chi   assume   disoccupati   di   lunga   durata   e  immigrati  (con sottoinquadramento  anche  di  due  livelli).  Spesso  le  agenzie  offrono illegittimamente a queste fasce deboli del mercato del lavoro, contratti di co.co.co   e   co.co.pro   (“arricchiti”   da  “sostanziose”  indennità  di
trasferta), oppure anche qualora l’assunzione a tempo indeterminato avvenga regolarmente  è  poi  facile ricorrere ad escamotage (dimissioni in bianco, licenziamenti per presunte inadempienze) per liberarsi del lavoratore.
 
            




