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Intercettazioni, Alfano: in arrivo legge. Palamara: problema è la pubblicazione

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Il ministero della Giustizia deve alle aziende che eseguono le intercettazioni telefoniche 400 mln di euro. Lo ha reso noto il ministro Angelino Alfano nel suo intervento al convegno di ‘Rete Italia’ a Riva del Garda.

Alfano ha poi raccontato che “il presidente del Consiglio ha chiesto ai banchieri durante la cena dei giorni scorsi se fossero certi di non essere intercettati. Nessuno di loro era certo di non essere intercettato, questo non è degno di un Paese normale e per questo faremo presto la legge sulle intercettazioni”.

“Già nella legge attuale si dice che le intercettazioni devono essere assolutamente indispensabili per la prosecuzione delle indagini. Questo significa che in sostanza dovremmo spiegare esattamente che cosa si intende per assolutamente indispensabile”, ha rimarcato il Guardasigilli. Quindi Alfano spiega: “Ho sentito il ministro Gelmini dire che i dirigenti scolastici devono applicare le leggi e non essere a loro volta legislatori. Mi ha fatto piacere, io ho lo stesso problema con i magistrati”. Il titolare del dicastero di Largo Arenula ha poi promesso “il massimo impegno per risolvere la questione dei processi civili. In Italia sono pendenti 5,4 mln di processi civili, questo significa che ci sono almeno 10 mln di persone che aspettano giustizia dallo Stato, una giustizia che non arriva. Tutto ciò ha un grande effetto di sfiducia non solo nella giustizia e nel processo civile ma proprio per quanto riguarda l’intera azione dello Stato. Per questo – insiste il ministro – dobbiamo intervenire per migliorare la situazione”. Alfano torna anche sulla situazione degli istituti di pena del nostro Paese, sottolineando che ”la maggior parte delle carceri è stata costruita in secoli lontani. Il risultato è che talvolta siamo fuori dal principio costituzionale dell’umanità. Per questo dobbiamo costruire nuove carceri”. Il Guardasigilli annuncia infine l’intenzione di modificare le norme “in modo che i bambini sotto i 3 anni non possono stare negli istituti di pena. Oggi ci sono circa 60 bambini che vivono nelle carceri insieme alle madri detenute. Per noi è importante tutelare questi bambini e quindi non vogliamo che nessuno di loro stia in un istituto di pena perché sono figli di una madre detenuta”.

”Il punto chiave non è l’utilizzo delle intercettazioni impiegate come prove per accertare i reati commessi, ma la pubblicazione sui giornali di intercettazioni che nulla hanno a che fare con gli stessi reati”. Lo ha detto Luca Palamara a KlausCondicio. E ha aggiunto: ”Ci sono due componenti fondamentali: la cosiddetta rilevanza, e cioè l’individuazione di ciò che è importante per l’indagine, che è penalmente rilevante; e la questione della pubblicazione delle intercettazioni irrilevanti ai fini delle indagini. Va anche tenuto conto del diritto di cronaca dei giornali, che non può essere limitato da un bavaglio” .

‘Per evitare che si butti il bambino con l’acqua sporca”, proprio a causa della pubblicazione di intercettazioni irrilevanti ai fini delle indagini, il presidente dell’Associazione magistrati propone che, ”anziché limitare uno strumento indispensabile per le indagini, sarebbe indispensabile individuare un passaggio processuale, per evitare che finiscano sui giornali le intercettazioni irrilevanti ai fini delle indagini. Se noi prevediamo una udienza stralcio, che avvenga prima del deposito degli atti di indagine davanti a un giudice terzo, nella quale il pubblico ministero e la difesa individuino ciò che è irrilevante ai fini del processo, tutto ciò che è irrilevante può andare a fare parte dell’archivio riservato”.

”Sarebbe auspicabile far rientrare in quell’ambito le intercettazioni non rilevanti ai fini dell’accertamento del reato. Di questo archivio si può anche stabilire il tempo di conservazione, e la distruzione dopo la sentenza”, prosegue Palamara. ”Trattandosi di una indagine giudiziaria, questo archivio dovrebbe essere conservato negli uffici della procura. Dopo la sentenza si può prevedere un limite temporale oltre il quale il materiale non utilizzabile può essere distrutto”, aggiunge. Palamara commenta quindi l’iniziativa del premier inglese Gordon Brown che si è fatto promotore della legge che ne consenta l’utilizzo contro i reati di terrorismo. Secondo la legge inglese le intercettazioni non possono essere utilizzate come prove durante i processi. Nel febbraio del 2008 Gordon Brown ha cominciato a discutere sull’eventualità di poterle utilizzare in tribunale come aiuto nella lotta al terrorismo. Dopo un anno di trattative la proposta di legge non è ancora definitiva. ”L’iniziativa del premier inglese -sostiene Palamara- dimostra che il sistema italiano di utilizzo delle intercettazioni, così vituperato e criticato, è preso a modello da altri sistemi internazionali. L’iniziativa del premier inglese non fa altro che ribadirlo”. Quanto alla possibilità di intercettare i servizi segreti, Palamara dice: ”bisogna vedere in quale contesto si verifica l’intercettazione, per valutare se si tratta di atti coperti dal segreto: quello è il problema”. E alla domanda di Davi se il telefono di un appartenente ai servizi sia un ”atto” coperto o meno, Palamara puntualizza: ”Appunto. Bisogna vedere se si tratta di un atto coperto da segreto e la tipologia di reato. Se parliamo di un numero in relazione al quale c’è una segretezza, insomma se il numero è coperto da segretezza, allora non è intercettabile. Se invece si tratta di un’intercettazione legittima, bisogna vedere se è opponibile il segreto di stato al suo contenuto”.

Fonte: Adnkronos