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Modena: le memorie degli hard-disk potrebbero avere un futuro molecolare


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Ricercatori guidati dal prof. Andrea Cornia presso il Dipartimento di Chimica dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (Unità di Ricerca del Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali) hanno dimostrato la possibilità di memorizzare dati su un supporto costituito da nano-molecole magnetiche. Lo studio è stato condotto avvalendosi della collaborazione di Roberta Sessoli e Dante Gatteschi, i chimici dell’Università di Firenze che nel 1993 hanno scoperto le prime molecole magnetiche dotate di effetto memoria.

L’idea di base – ha commentato Andrea Cornia, professore associato di Chimica generale e inorganica dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – è utilizzare singole molecole, con dimensioni di un nanometro (miliardesimo di metro), per immagazzinare informazioni, così da raggiungere densità di scrittura mille volte più elevate rispetto a quelle attuali. Tutte le molecole con effetto memoria finora note funzionano soltanto a temperature molto basse (meno di -270 °C) e questa nuova tecnologia non è immediatamente utilizzabile per la realizzazione di supporti magnetici. Tuttavia, negli ultimi due anni abbiamo messo a punto un processo chimico per costruire una sorta di hard-disk molecolare, depositando un singolo strato (monolayer) di molecole magnetiche su una superficie di oro”.

<Se Dio ha creato il volume, il diavolo ha fatto la superficie>, disse una volta Wolfgang Pauli, premio Nobel per la fisica nel 1945. Messi in guardia da questo celebre avvertimento i ricercatori modenesi e fiorentini hanno coinvolto un gruppo di studiosi dell’Università Pierre et Marie Curie di Parigi, esperti nell’utilizzo dei raggi-X prodotti all’interno di grandi installazioni dette sincrotroni. In un sincrotrone, gli elettroni si muovono su un percorso circolare a velocità prossime a quella della luce ed emettono radiazioni elettromagnetiche (tra cui i raggi-X) assai utili per lo studio delle superfici.

Con il contributo del team francese, – prosegue il prof. Andrea Cornia  nel 2009 siamo riusciti a dimostrare che alcune molecole magnetiche a base di ferro non perdono il loro effetto memoria quando vengono chimicamente connesse alla superficie. Ad un anno di distanza, con ulteriori esperimenti presso due sincrotroni europei abbiamo pienamente confermato i nostri risultati precedenti; inoltre, impiegando tecniche di sintesi messe a punto nei laboratori del Dipartimento di Chimica, siamo riusciti a controllare l’orientazione delle molecole nel monolayer e ad amplificare l’effetto memoria”.

Lo studio, coordinato dai due gruppi di chimici di Modena e Firenze, è stato accolto con grande interesse dalla comunità scientifica tanto che è stato pubblicato su <Nature>, la rivista scientifica più prestigiosa al mondo.

Ora al gruppo di lavoro rimangono due passaggi molto importanti prima che la scoperta possa giungere alla sua fase applicativa. Il primo è dimostrare che è possibile scrivere e leggere un bit di informazione in una singola molecola: diversi studi teorici suggeriscono di impiegare a tale scopo una corrente elettrica e proprio per questo negli esperimenti le molecole sono state depositate su un ottimo conduttore elettrico come l’oro. Il secondo, assai più complicato ed impegnativo, è la preparazione di molecole funzionanti a temperature meno proibitive.

Per raggiungere entrambi gli obiettivi e mantenere la competitività in ambito internazionale – conclude il prof. Andrea Corniaoccorreranno più investimenti in personale e strumentazione. Finora il nostro lavoro è stato sostenuto principalmente da finanziamenti europei, ma è auspicabile che, pur in un momento di assoluta criticità per l’università italiana, non venga a mancare il sostegno alla ricerca chimica di base da parte delle istituzioni locali e nazionali”.